1 aprile 2025
di Guillaume Nicloux (2023, 1 ora e 33)
Genere: drammatico
Interpreti: Fabrice Luchini, Mara Taquin
Trama: il vedovo Joseph, perde il figlio Emmanuel con il compagno Joaquim in un incidente aereo. Mentre i genitori di Joaquim intentano una causa contro la compagnia aerea, Joseph viene a sapere che la coppia stava per avere una bambina con una madre surrogata e che il donatore era stato proprio il figlio Emmanuel. Joseph rintraccia la donna che si chiama Rita, ha ventisei anni, vive in Belgio a Gand, ha già una bambina di nove anni ed è ovviamente al verde tanto da prestarsi a fare la madre surrogata. La bimba che sta per nascere diventa l’unica ragione di vita dell’uomo, ma Rita vorrebbe darla in adozione e lui farà di tutto per cercare di evitarlo…
Commento: adattamento del romanzo “Le Berceau” di Fanny Chesnel (2019) del regista scrittore, sceneggiatore e attore francese Guillaume Nicloux, che sceglie di trattare l’argomento della maternità surrogata per una coppia gay, in questa commedia delicata dai toni agrodolci, senza esprimere alcun giudizio né riflessioni etico-morali. Come in “Une affaire privée” (“Une affaire privée” – Una questione privata del 2002) o “Le concile de pierre” (“L’eletto” del 2006) anche “La petite” è la storia di un’indagine. Il telefono squilla, presagio di notizie nefaste nonché modo per il regista per fondere più generi: thriller, dramma sentimentale, road movie, romanzo di formazione di un sessantenne diversamente giovane e forse anche fiaba. Joseph compie un viaggio reale e simbolico che lo trasformerà e lo farà nonostante tutto: la sua età, gli stereotipi di genere cancellati dalla morte del figlio, la morte stessa che cerca di sconfiggere con la nuova vita che porta traccia tangibile del figlio e a cui si aggrappa tenacemente. La stessa tenacia che mostra nel voler riparare gli errori che realizza di aver compiuto durante la sua vita. E Joseph è un uomo che la nascita della nipotina fa rinascere padre al posto del figlio e non nonno e questa ridefinizione dei rapporti di sangue è forse l’aspetto più interessante del film. Altro fulcro è naturalmente l’incontro con Rita, che modifica anche il contesto socioculturale di un film che è un continuo divenire, da un ambiente borghese a uno proletario. La relazione tra i due, opposti in tutto, sarà turbolenta: però la scena finale certifica che i legami familiari sono tutt’altro che questione di sangue o di orientamento sessuale. Nicloux dirige un film semplice ma efficace, serio ma con note di humour e con un grande Fabrice Luchini. Che, rinunciando ai tic del misantropo rodati in decine di film, riesce toccante come non mai.