Ghost in the shell

10 aprile 2018
regia di Rupert Sanders (2017)

Nazione: U.S.A.

Durata: 2 ore

Genere: Azione, fantascienza

Interpreti: Juliette Binoche, Scarlett Johansson, Takeshi Kitano.

Trama: Il maggiore Mira Killian è un cyborg a capo della sezione di Sicurezza Pubblica numero 9, un’organizzazione antiterrorismo cibernetico gestita dalla Hanka Robotics. Vittima di un terribile incidente, sa di essere stata salvata e trasformata in un soldato perfetto tramite una modificazione cibernetica, di cui è stata responsabile la dottoressa Ouelet, una delle principali scienziate della Hanka Robotics. Grazie alle sue capacità fuori dal comune, a Mira vengono affidate le missioni più difficili come quella di trovare e affrontare il criminale Kuze. Ad un certo punto tuttavia, Mira scopre che le hanno mentito, e che la sua vita non è stata salvata, ma le è stata rubata. Da quel momento farà di tutto per cercare di svelare il mistero legato alla sua esistenza, recuperare il proprio passato e scoprire chi le ha fatto ciò, per riuscire a bloccarlo prima che possa fare la stessa cosa ad altri.

Commenti: Il progetto di Rupert Sanders sembra volersi presentare come un omaggio al manga[1] originale e alle più recenti trasposizioni cinematografiche nel film d’animazione “Ghost in the Shell” (1995) e “Ghost in the Shell – L’attacco dei cyborg” di  Mamoru Oshii (2004). Questo manga è considerato uno dei massimi esponenti di una certa era dei cartoni animati, anime, nipponici, in cui si lascia allo spettatore un ampio margine di interpretazione, si suggerisce ma non si spiega e il risultato è un cinema misterioso che evoca più che narrare. La stessa ricerca dell’anima (ghost) nel corpo (shell) è qualcosa di difficile da realizzare così come difficile da afferrare è l’oggetto della ricerca stessa. Nella versione di Rupert Sanders è tutto invece molto esplicito, il che può essere visto tanto come un limite che come una libera interpretazione del regista. In generale, è difficile dire se il film sia piaciuto o meno ai critici, data la varietà dei pareri sul film. Il film è stato accusato di “whitewashing” (“sbiancamento”), ossia del fatto che si sia scelto di far interpretatare ad un bianco/una bianca un personaggio che in origine era di tutt’altra etnia, come in “Prince of Persia” di Mike Newell (2010) il cui protagonista è interpretato da Jake Gyllenhaal, e sul cui set circolavano attori bianchi al posto di asiatici e mediorientali, o in “The Great Wall” di Yimou Zhang (2016) con Matt Damon accusato di sostituire un attore cinese. Nel caso del manga disegnato da Masamune Shirow, il personaggio della leader della squadra cyber-criminale, Motoko Kusanagi, nella versione americana, è stata trasformata non solo nell’aspetto, ma anche nel nome: major, il maggiore. Tuttavia prendendo le distanze da tutte queste critiche generate dal confronto con l’originale, lo spettatore potrà godere di un bel film di fantascienza, di un’opera diversa che intrattiene con piacere. Bellissima ad esempio la scena iniziale in cui ci viene mostrata la costruzione di quello che poi diventerà il corpo del Maggiore. Accattivante e molto coinvolgente la colonna sonora che accompagna dialoghi semplici e brevi, ma diretti e spesso incisivi, come richiesto di norma da un film d’azione come questo.

 

 

 

 

[1] termine giapponese che indica i fumetti di piccolo formato caratterizzate da forti contrasti passionali tra i personaggi. Il termine include una grande varietà di generi, come avventura, romantico, sportivo, storico, commedia, fantascienza, fantasy, giallo, horror ed erotico (https://it.wikipedia.org/wiki/Manga , 27 marzo 2018).

 

 

Recensione a cura di Fabrizia Venuta.

Posted in Cineforum in lingua originale 2017-2018.