La jaula de oro

24 febbraio 2015

La jaula de oro di Diego Quemada-Diez (2013)

Titolo italiano film: La gabbia dorata

Regia: Diego Quemada-Diez

Nazione: Messico

Anno: 2013

Durata: 1 ora e 42 minuti

Genere: Drammatico

Interpreti: Carlos Chajon, Rodolfo Dominguez, Brandon López, Karen Martínez

Trama: Juan, Sara e Samuel sono tre adolescenti guatemaltechi che aspirano a una vita migliore oltre la frontiera messicana. I ragazzi fuggono dal Guatemala tentando di arrivare negli Stati Uniti attraverso il Messico, e durante il loro viaggio incontrano Chauk, un indio tzotzil[1] che non parla spagnolo e sta viaggiando senza documenti. Il viaggio è lungo, a bordo dei treni merci o seguendo a piedi i binari delle ferrovie, e porterà i ragazzi ad affrontare un’imprevedibile realtà.

Commenti: Il film è l’esordio dietro la macchina da presa del regista spagnolo trasferitosi negli Stati Uniti, Diego Quemada-Diez. Il regista ci presenta una storia senza tempo, sull’immigrazione e la ricerca di uno spazio in cui ritrovare se stessi, spazio che nell’immaginario di molti è il sogno americano, ideale di prosperità economica e di successo. Road movie e Bildungsroman, il viaggio dei tre ragazzi è un viaggio alla scoperta di se stessi e della vita, ma anche un racconto multietnico e multiculturale di una generazione che ancora spera in una vita migliore, nonostante le molte difficoltà che deve affrontare quotidianamente. Il film è di un realismo disarmante, che richiama molto le opere di Ken Loach. Tutte le persone che compaiono nel film sono attori non professionisti e, fatta eccezione per i protagonisti, si tratta di migranti che sono stati assunti dai produttori direttamente nei luoghi in cui è stato girato il film. Questo, unito alle riprese sporche, ai luoghi tangibili al limite tra il Sud e il Nord America e alla spontaneità della sceneggiatura danno quel tocco di freschezza che da tempo non si vedeva sul grande schermo. Secondo Dario Zonta, de l’Unità[2], “questo è il cinema che vorremmo vedere, il cinema del futuro, capace di riempire lo schermo con la potenza di immagini inusitate e non addomesticate, attraverso una storia che commuove e trasforma le nostre coscienze”. Fabio Ferzetti, de Il Messaggero[3], lo definisce “vero come un documentario, emozionante come un romanzo di formazione, lirico e avventuroso come l’Odissea, epico come un film di John Ford. E intessuto di storie e esperienze reali che il regista (…) ha raccolto facendo più e più volte il cammino dei suoi personaggi, tra Guatemala e la frontiera degli Usa”.

Riconoscimenti: Nel 2013 il film ha vinto il premio Gillo Pontecorvo e il premio “A Certain Talent” per il cast nella sezione “Un Certain Regard” del sessantaseiesimo Festival di Cannes, il Grifone d’oro al Giffoni Film Festival, il Premio del Pubblico al Festival Internazionale del Cinema di Morelia (Messico) e il premio per il miglior regista al Festival Internazionale del Cinema di Chicago .

Recensione a cura di Fabrizia Venuta.

[1] I maya tzotzil degli altopiani centrali del Chiapas, in Messico, sono un gruppo etnico di indios americani, discendenti diretti dei maya.
[2] http://trovacinema.repubblica.it/film/critica/dettaglio/la-gabbia-dorata/429919/439069 (19/02/2015).
[3] http://trovacinema.repubblica.it/film/critica/dettaglio/la-gabbia-dorata/429919/439071 (19/02/2015).
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