Im Labyrinth des Schweigens

23 gennaio 2018
regia di Giulio Ricciarelli (2014)

Titolo italiano: Il labirinto del silenzio

Nazione: Germania

Durata: 2 ore e 4 minuti

Genere: Drammatico

Interpreti: Friederike Becht, Peter Cieslinski, Josephine Ehlert, Elinor Eidt, Alexander Fehling, Christian Furrer, Thomas Hessdörfer, Robert Hunger-Bühler, Hansi Jochmann, Johannes Krisch, André Szymanski, Johann von Bülow

Sito ufficiale: http://archiv.upig.de/micro/im-labyrinth-des-schweigens.html

Trama: Francoforte, 1958. Un giorno, il giovanissimo procuratore della neonata Repubblica Federale Tedesca Johann Radmann (Alexander Fehling) si imbatte in alcuni documenti portati dal giornalista Thomas Gnielka (André Szymanski) che gli faranno istruire un processo contro il professor Schulz, che ha prestato servizio ad Auschwitz e continua ad insegnare nella scuola elementare locale, nonostante le disposizioni di legge vietino la presenza di ufficiali SS nell’amministrazione dello Stato. Sul caso si solleva un notevole interesse e Radmann, con l’appoggio del procuratore generale Fritz Bauer (Gert Voss), decide di espandere la ricerca indagando su tutte le persone che hanno prestato servizio come SS e hanno commesso crimini di guerra. Questa indagine condurrà al processo di Francoforte (1963-1965)[1] e porterà lo stesso procuratore a scoprire verità rimaste fino ad allora nascoste su sé stesso e sulle persone che gli sono vicine …

Commenti: La Shoah ha marcato il secolo scorso con un’impronta unica e tragica, influenzando in maniera decisiva i nostri modelli di rappresentazione e particolarmente il cinema, che ha prodotto opere che aiutano a convivere con un passato che non può e non deve essere dimenticato. E di passato e della sua rielaborazione tratta molto bene Giulio Ricciarelli, regista e attore italiano naturalizzato tedesco, che assume il cinema come metodo d’investigazione in “Im Labyrinth des Schweigens”. Il film racconta in maniera emozionante un capitolo poco noto di quegli anni, che fondamentalmente hanno cambiato il modo in cui la Germania guardava al suo passato. Infatti di film sull’olocausto è ricchissima la cinematografia mondiale, mentre pochi sono i film sul dopo Olocausto e sul fatto che nei dieci anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale ben poco si sapesse dell’inferno in Polonia e della persecuzione nazista che portò tra il 1939 e il 1945 allo sterminio di circa sei milioni di ebrei, soprattutto tra i figli della generazione che la guerra l’aveva vissuta e voleva dimenticare ed andare avanti. È questa la realtà sorprendente e sconcertante che ci mostra “Im Labyrinth des Schweigens”. Nel 1949 il capo del governo tedesco, il cancelliere Konrad Adenauer appoggiò la reintegrazione massiva, soprattutto nella funzione pubblica, dei cittadini rimossi dai loro incarichi perché coinvolti con il regime nazista. Il cancelliere si fece promotore della resurrezione materiale della Germania, sottolineata da Ricciarelli dalla rappresentazione del benessere del miracolo economico degli anni Cinquanta; Adenauer interpretava il desiderio della sua gente che voleva soltanto dimenticare, che non voleva sapere. Tutto cambierà però a partire dal 1958, per l’intervento di una commissione incaricata di indagare sui crimini di guerra e i criminali nazisti. Il lavoro di questa commissione portò al processo di Francoforte, o processo di Francoforte Auschwitz noto anche come secondo processo di Auschwitz, che si tenne a Francoforte sul Meno in Germania tra il 1963 ed il 1965, che vide alla sbarra ventidue criminali nazisti, di cui solo sei furono condannati all’ergastolo. Questo processo aprì una nuova fase nel dopoguerra volta alla sensibilizzazione della magistratura e dell’opinione pubblica sul tema delle responsabilità della Germania durante la guerra. Assumere il proprio passato divenne da allora finalmente un dovere morale per tutto il Paese e per il mondo. Mescolando personaggi reali, tra gli altri il giornalista Thomas Gnielka e il procuratore Fritz Bauer, a cui il film rende omaggio, e di finzione, come il protagonista che è in realtà il misto di tre procuratori realmente esistiti, l’autore realizza un film-dossier sobrio ed efficace, un dramma giuridico e personale storicamente irreprensibile. L’ostinato protagonista della storia narrata, Johann Radmann, vuole fare chiarezza sul passato della nazione: convinto com’è di vivere nel paese migliore del mondo, non riesce a immaginare cosa siano stati i campi di sterminio spacciati per “campi di detenzione preventiva”. Ma l’enormità della menzogna non tarda a travolgere Radmann che,  convinto di indagare su un omicidio, si ritrova a dover fare i conti con uno sterminio di massa. Il film, attraverso il tragico personaggio dell’artista ebreo Simon, tratta anche la questione dell’isolamento dei sopravvissuti e della loro difficile integrazione tanto in Germania che in Israele.

Secondo il regista, di immagini sull’olocausto ricostruite negli studi cinematografici è piena la filmografia mondiale: per questo motivo ha deciso di non renderle visivamente, ma di demandarne l’elaborazione alla fantasia e alla memoria del pubblico, che ritiene essere più emozionale e meno manipolativo. Inoltre ritiene che si debba « considerare che all’epoca c’era una generazione nuova: chi aveva cinque anni quando la guerra è finita, è cresciuto in un’atmosfera in cui nessuno parlava mai del passato. C’era un misto di negare, non sapere, sapere un po’, si dovrebbe sapere ma non si vuole sapere: ci sono tutti i colori in questo quadro e questo è quello che “Im Labyrinth des Schweigens” tenta di raccontare». Riguardo il suo essere un italiano trasferitosi presto in Germania dice: «Sono nato in Italia e mi sento anche molto italiano, pur se non solo italiano. Credo che l’emozionalità che il film esprime sia molto italiana. Se si vede il cinema tedesco, spesso è più distante e secco, più analitico che emozionale. Io invece ho cercato l’emozionalità »[2].

Riconoscimenti: “Im Labyrinth des Schweigens” è stato inserito nella shortlist dei nove titoli in corsa per rappresentare la Germania ai premi Oscar 2016 per il miglior film straniero, e purtroppo non entrato nella cinquina dei candidati, il film è dedicato all’attore Gert Voss (1941-2014) morto pochi mesi prima dell’uscita del film.

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_di_Francoforte (12 gennaio 2018).
[2] https://www.panorama.it/cinema/labirinto-silenzio-auschwitz-giulio-ricciarelli-intervista/ (12 gennaio 2018).

 

 

Recensione a cura di Fabrizia Venuta.

Posted in Cineforum in lingua originale 2017-2018.