Happy End

12 febbraio 2019
di Michael Haneke (2017)

Nazione: Francia

Durata: 1 ora e 50 minuti

Genere: Drammatico

Interpreti: Isabelle Huppert, Toby Jones, Mathieu Kassovitz, Jean-Louis Trintignant

Sito web: https://www.happyendfilm.co.uk/

Trama: In una sontuosa villa borghese vive la famiglia Laurent, dinastia di industriali che vive a Calais, città di confine francese, uno dei più grandi centri d’accoglienza per migranti d’Europa. È qui che il patriarca George (Jean Louis Trintignant), costretto su una sedia a rotelle, vuole procurarsi un’arma per farla finita. Dei due figli, il maschio (Mathieu Kassovitz) è ossessionato dal sesso, la femmina (Isabelle Huppert), porta avanti l’azienda di famiglia. La loro storia è quella di una famiglia anaffettiva e infelice, riflesso di una società cinica e egoista, inconsapevole di non sapere più cosa conti veramente nella vita.

Commenti: Michael Haneke, regista Palma d’Oro  a Cannes nel 2009 per lo splendido “Das weiße Band – Eine deutsche Kindergeschichte” (“Il Nastro Bianco”) e nel 2012 per “Amour”, pellicola vincitrice anche  dell’Oscar nel 2013 per il miglior film straniero, torna a proporci la sua visione pessimistica del presente in questo film dal titolo provocatorio e ironico “Happy end” (lieto fine). Nato in Germania a Monaco di Baviera, ma austriaco per formazione e residenza, il regista cinematografico e sceneggiatore ci propone scene di ordinaria decadenza contemporanea, filmate asetticamente da una ragazzina con il suo cellulare. I suoi film sono un concentrato di distaccata ferocia che può affascinare o risultare intollerabile. Ritmi dilatati, silenzi, immagini che si imprimono nella memoria; il tutto reso in una forma esemplare e con un cast diretto superbamente. Nel rappresentarci la parabola discendente dei Laurent, il film risulta essere asciutto e duro come la tesi che lo sottende e ci racconta con immagini crude, quasi senza commento musicale, la decadenza della ricca borghesia degli affari affetta dai mali dell’individualismo, della miopia e dell’avidità che non le fa prendere in considerazione altro se non il proprio interesse e la preoccupazione di non riuscire a conservare il tenore e lo stile di vita conquistato. E ciò a prescindere da quello che le accade intorno, come la tragedia dei migranti a cui si assiste quotidianamente senza agire in alcun modo. Dice il regista: “Il mio è un film sulla nostra ignoranza verso la sofferenza dei migranti. Non posso raccontare i migranti, non ho vissuto le loro vite, non conosco le loro esperienze. Ma racconto di noi. Di come siamo tutti occupati a guardare il nostro giardino e i nostri vicini e tutto il resto semplicemente lo buttiamo via. Sto parlando anche di me. E questo mi rende furioso, per questo ho fatto una farsa. Non abbiamo nemmeno la dignità per raccontarci in un dramma. Il dramma è fuori, nella vita reale, è quel che sta succedendo ad altri»[1].

Riconoscimenti: Nel 2017 il film è stato in concorso per la Palma d’oro al Festival di Cannes e ha ottenuto la candidatura per la migliore attrice (Isabelle Huppert) e per il miglior attore (Jean-Louis Trintignant) agli European Film Awards.

 

 

[1] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/11/28/michael-haneke-guardiamo-solo-il-nostro-giardino-leuropa-una-dramma44.html (6 febbraio 2019).

 

 

 

Recensione a cura di Fabrizia Venuta.

 

 

Posted in Cineforum in lingua originale 2018-2019.